sabato 4 maggio 2019

I fratelli Michelangelo. Vanni Santoni





Seicentosettanta pagine non sono roba per mammolette. Occorre un fisico bestiale per leggerle in poco meno di una settimana. Non deve essere stato uno scherzo neppure scriverle, a dirla tutta.
Ecco un essenziale identikit dell’ardimentoso eroe dell’impresa: autore giovane ma non esordiente. Uomo. Classe 1978. Toscano. Palleggia abilmente tra letteratura e web tanto da aver contribuito, in questi anni, a enucleare in rete un territorio per scrittori, lettori, cultori, di cui resta uno dei principali animatori; una zona che potremmo quasi considerare alla stregua di una provincia, entità geografica connotante, a detta unanime della critica, la sua precedente narrativa ( indizione). Un’ aspirazione precisa: puntare, questa volta, al grande romanzo italiano. Idee chiare su come sviluppare la trama: quattro robusti rami, quasi alberi a sé, su cui il lettore può catapultarsi in arrampicata libera senza correre il benché minimo rischio di finire a gambe all’aria: la struttura è a prova di cedimenti. Uno scrittore che non teme la lunga distanza e la sa gestire: mestiere e talento dosati nella giusta proporzione gli consentono di padroneggiare l’ispirazione, le idee e la lingua in modo che tutto fili.
Il romanzo in questione è “ I fratelli Michelangelo” edizioni Mondadori. Lo scrittore Vanni Santoni. 
Antonio Michelangelo, personaggio poliedrico ma non camaleontico ( mantiene sempre una sua coerenza di base, anche nei cambiamenti, che, nel corso della sua vita, pochi non sono), tronco novecentesco di un albero ormai avanti negli anni, vuole incontrare i cinque rami -di cui dicevo innanzi- che sono germogliati dalle sue radici, seppur da madri diverse. Quattro dei suoi cinque ragazzi, ciascuno per ragioni diverse, rispondono all'appello, raggiungendolo nella località in cui si è ritirato.
Nel bene e nel male, per taluni con la presenza e per altri con l’assenza, con l’ amore o con l’indifferenza, con la cieca abnegazione verso se stesso, in alcuni momenti della vita schiava dell’ambizione e in altre delle più puerili ed egoistiche aspirazioni personali, finanche con il flebile e temporaneo sforzo di un radicale annullamento a favore dei figli nati in costanza di matrimonio, Antonio Michelangelo segna indelebilmente la sua prole. Per addizione o sottrazione, come ogni genitore, resta il co-artefice delle fragili personalità che sono sangue del suo sangue, chiamate per la prima volta a raccolta senza un’apparente ragione.
Il Saltino di Vallombrosa, dove, per necessità, per odio o per semplice curiosità, convergeranno obtorto collo i quattro, si profila per ciascuno come la meta di un faticoso tragitto, attraverso i sentieri della fanciullezza, dell’adolescenza e infine dell’età adulta, per arrivare non solo al padre, ma soprattutto a se stessi. Il percorso  imporrà  loro di rivivere lo smarrimento provocato dalla presenza costante alle proprie spalle del fantasma paterno, la sofferenza dei tentativi di affermazione professionale andati a monte, l'ebbrezza dei trionfi e la disillusione portata dagli insuccessi e degli errori impossibili da riparare. Logorante e amaro per loro, avvincente per il lettore.
Quattro rami innestati da Vanni Santoni su quel vecchio e consunto fusto principale di Antonio come veri e proprio micromondi separati. Il passato è un territorio che genera convinzioni, comportamenti, regole etiche, prammatiche inoppugnabilmente soggettive. È la terra dove ciascuno lavora per divenire signore indiscusso del proprio regno, istituendovi le proprie regole, il proprio percorso culturale, finanche la propria personalissima lingua. Abilissimo, Santoni nel far emergere lentamente i suoi personaggi dai rispettivi retroterra, e rimanere, senza la minima sbavatura o cedimento, nel sentiero tracciato per ciascuno, regalandoci spaccati singolari, caratteristici, eccentrici, insospettati ma tutti, proprio in quanto diseguali, accidentati e sconnessi, altamente coinvolgenti per il loro essere plausibilmente umani.

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