lunedì 15 ottobre 2018

Elogio dei residenti e dei viandanti



Dal libro de " l'elogio dei residenti", ovvero l'encomio solenne di coloro che sono rimasti, che non sono partiti "per terre assai lontane", lasciando vilmente gli altri in balia del loro destino.
" Andate", "restate", un dilemma mefistofelico che "tira sempre", che piace, attanaglia.
Poiché io sono andata, tornata, riandata e ritornata svariate volte, mi stranisco sempre di più difronte a tali discorsi.
Mi viene in mente la Battuta di Massimo Troisi:
"Emigrante?"
"No, sono partito così, per viaggiare, per conoscere un poco".
Ammetto che c'ho impiegato tutti questi anni per capirla fino infondo, la battuta, che battuta non era. Ci ho impiegato tutti questi anni, tutte queste andate e questi ritorni .
Ho capito che il posto di tutti è il mondo. Che ognuno ha un luogo in cui vive che è sempre elettivo, sia quando lo si è scelto perché non ce ne si è voluti allontanare, sia quando ci si è approdati seguendo ragioni lavorative, affettive, personali.
Ho capito che non va demonizzato ne' chi resta, ne' chi torna, ne' chi parte, perchè il nostro imperativo è la felicità e ovunque sia, va bene inseguirla.
Ho capito che tutti però dovrebbero partire almeno una volta nella vita e vedere il mondo. Per scoprire la varietà dei posti e delle genti, delle lingue e dei costumi, ma anche e soprattutto l'unicità del genere umano. Tutti uguali alla fine, tutti segnati o spinti dalle stesse esigenze, dalle stesse passioni, dagli stessi sentimenti.
E dovrebbero partire per poi ritornare o restare negli altri luoghi, più sicuri della propria scelta e con più serenità.
La latitudine è un luogo mentale, un luogo del cuore.
E il mondo è tutto bello o brutto, dacché la scelta dell'aggettivo spetta a voi.

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