sabato 16 aprile 2016

A ruota libera

A ruota libera.
Non può che intitolarsi così un post nato dalla idea “basica” di raccontare i tre libri letti nei giorni scorsi che finirà poi per deragliare su Vespa, Riina, le ospitate alla televisione, i padri, i figli e il pentitismo.
Per chi fosse curioso, i tre titoli di questo periodo, in rigoroso ordine cronologico, sono:
- Lettera a D. Storia di un amore. (André Gorz –edizioni Sellerio)
- Mr Peanut (Adam Ross – edizioni Einaudi)
- Maestro Utrecht (Davide Longo – edizioni NN). 
Da tempo uso un’espressione di cui rivendico la maternità ( d’impulso mi era venuto di scrivere la paternità ma mi sono corretta in tempo. Anzi, visto che ci sto a riflettere tanto sopra, la metto giù ancora più politicamente corretta e azzardo a scrivere di rivendicarne la genitorialità). Mi riferisco a “comunisti vista mare”, locuzione con cui stigmatizzo –inutile negarne l’accezione negativa- la categoria dei figli della media, alta, altissima borghesia, i quali ostentano inclinazioni marxiste, vocazioni rivoluzionarie, orientamenti anarchici e controborghesi, con annessi e connessi aneliti e afflati socialisti e uguaglitari, senza  rinunciare di fatto alla costosa scarpa di marca ( che però –attenzione- è simbolica), all'abbigliamento di una certa tipologia ( che fa hipster), persino ad un determinato taglio dei capelli  e ancora alla vacanza in barca con mamma e papà, alla cameretta vista mare nel quartiere bene. Parlo in buona sostanza di quelli che vivono la rivoluzione perché “se lo possono permettere”. Mi stanno antipatici, lo ammetto e si sarà capito.
Eppure nel mio odierno furoreggiamento del pensiero  non chiamo in causa loro, bensì l'altra categoria che pure mi raccapriccia, ovvero quella dei benpensanti qualunquisti, centimètre à penser – che tengo ancora più sulle scatole- i quali hanno tuonato contro Vespa e Riina,   che hanno plaudito ai librai fattisi censori,  che hanno invocato la necessità del ravvedimento per la riabilitazione nel consorzio umano  dei camorristi –cosa buona e giusta, per carità- ma che restano sostanzialmente ciechi difronte all'ostinato mancato pentimento della maggior parte degli ormai cresciuti “comunisti vista mare” di cui sopra,  alcuni dei quali  imprenditori a loro volta, altri stimati professionisti, altri ancora persino ben inseriti nelle redazioni dei giornali e delle televisioni, nel mondo politico e culturale a tenerci lezioni sulla morale.
A chi mai è venuto in mente di indagare  se il figlio di un piccolo, medio o grande imprenditore si sia dissociato dall’operato del genitore che si avvale di operai sfruttati al nero. Chi ha mai preteso che il seme di tali piante certifichi di esserne caduto lontano, scuotendone i rami –non solo a chiacchiere- e chiedendo che il caro padre non delocalizzi, non evada le tasse, non  attui discriminazioni verso le lavoratrici, non corrompa e paghi mazzette?
Solo allora, quando rifletteremo in forma più complessa, quando  articoleremo i pensierini non unicamente in slogan che entrano nello spazio di un tweet, su certe indignazioni  mi ci troverete totalmente d'accordo. Non mi dite che da qualche parte bisogna iniziare ed è bene partire dal più marcio. Non ci sono sfumature nel  putrido.
Come sostenne Veronica, nel celebre monologo sul donatore di lavoro (https://www.youtube.com/watch?v=Q3FP5Cdx-gE) non ci sono figli e figliastri, per me i figli sono tutti uguali: pretendo da tutti la stessa coerenza e onestà intellettuale.

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