venerdì 12 febbraio 2016

THE END OF THE TOUR

Alla fine ci sono riuscita. Ho vinto uno dei miei ultimi tabù in materia di cose da fare da soli: l’andata al cinema. Ci voleva un’esca appetitosa per indurmi all’estremo gesto e il film che usciva ieri, “The end of the tour” di James Ponsoldt, dedicato a David Foster Wallace, cavolo se lo è.
Lo dico subito, a mo’ di premessa, per fugare ogni possibilità di fraintendimento. Sono andata al cinema con l’animo di una “directioner”: tutta emozione e poca assennatezza.  Il cervello l’ho lasciato apposta a casa, portandomi dietro solo “la pancia”, mettendo in conto di versare anche qualche lacrima. David F. Wallace è uno di quegli autori che –diciamolo francamente- o sono respingenti o sono totalizzanti: o lo si ama o lo si odia, non esistendo per lui la possibilità di una tiepida accoglienza.
Se uno affronta l’esorbitante numero di pagine dei suoi capolavori, portando a termine l’impresa, non può che entrare nel circolo degli estimatori.
Ho dato per scontato che sappiate di chi parlo. Per chi non lo conoscesse, David F. Wallace è l’autore di “La scopa del sistema” uscito nel ’87 e di “Infinite Jest” del ’97, “Il re pallido” purtroppo incompiuto, perché David il 12 settembre del 2011 si tolse la vita, oltre che di numerose raccolte di racconti e alcuni saggi.
Se foste interessati ad un titolo con cui iniziare l’approccio suggerisco  “Una cosa divertente che non farò mai più”, edito da Minimum fax, esilarante e al tempo stesso acutissimo saggio.
Tornando a me, ragazzi miei, è stata una immane faticata.
Il film è tratto dal libro “Come diventare se stessi” (anche questo Minimum Fax) scritto da David LipskySi tratta, grosso modo, del riassunto di una convivenza "forzata"  di 5 giorni tra Lipsky, (interpretato nella pellicola da Jesse Eisenberg) allora giornalista della rivista Rolling Stones e Wallace -cui presta il volto Jason Segel, il Marshall di  How I Met Your Mother, per intenderci-  allo scopo di realizzare un’intervista. 
Si apre con Lipsky che apprende al telefono della morte di Wallace e, recuperata dall’armadio la cassetta di quella vecchia registrazione, riascolta il nastro.
Avevo temuto il peggio, leggendo delle opposizioni al film dei famigliari di Wallace e dubitando che il volto di Segel potesse prestarsi efficacemente all’impresa.
Invece mi pare che tutto funzioni alla perfezione. Non c’è malanimo o cattiveria nella ricostruzione del personaggio. Al contrario, mi è sembrato un omaggio molto equilibrato, che a tratti tradisce anche un certo genuino affetto. 
Essere lì, per un’ora e passa a faccia a faccia con i due David, tentando di appuntare a memoria ogni loro parola, senza perdersi niente, è stata dura.
 Il Newsweeke recensendo il libro aveva scritto:” È    strano pensare che un libro su  Wallace possa essere utile sia ai profani che ai fan più   accaniti “. Ripeto la stessa cosa a proposito del film.  Che non lo conosciate o che siate tra quelli che lo amano, andate  al cinema, che non ve ne pentirete.



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