domenica 4 dicembre 2016

"L'uomo che non fu giovedì" di Juan Esteban Constaìn


Spulcio le nuove proposte editoriali e l'occhio mi cade su un libro pubblicato da Fazi: " L'uomo che non fu giovedì", scritto da Juan Esteban Constaìn, tradotto in italiano da Andrea Rigato.
Mi basta leggere l'incipit della presentazione: " Un irresistibile romanzo umoristico", per deciderne l'acquisto. Sono sempre a caccia di storie spassose, che mi regalino un paio d'ore di intelligente spensieratezza e quando uso queste espressioni penso alle risate di " Una Banda di Idioti" di J. K. Toole, o a "Una cosa divertente che non farò mai più" di D.F. Wallace, o ancora a "Il cuore è idiota" di Davy Rothbart, tanto per citarne alcuni.
Lo leggo tutto d'un fiato, lo metto da parte in attesa di scriverci sopra uno dei miei appunti, ma la cosa cade nel dimenticatoio fino a quando non scovo, in un' intervista rilasciata  da Nicola Lagioia, il riferimento alla biblioteca di Aby Warburg. Mi si accende, allora, la classica lampadina, perchè proprio a quello stesso bibliotecario tedesco e alle sorti della sua collezione di libri  fa un circostanziato riferimento anche " L'uomo che non fu giovedì".
Al netto di questa curiosità, mi tocca dire, a proposito del libro di Costaìn, che ha deluso purtroppo le aspettative.  Si tratta di una storia scritta con un apprezzabile tono leggero, uno scorrevole ritmo colloquiale, ma che rivela, a mio parere, diversi limiti. Il primo e più grave, verso il lettore, poichè, ben tenendo presente che "umoristico" non coincide necessariamente con "comico", ma lo stesso vale con "brioso", il romanzo tradisce la promessa di divertimento fatta dall'editore. A questo va aggiunto che la narrazione risulta in certi tratti caotica, e non ultimo che quel filino di suspense utilizzato dall'autore, nel comprensibile tentativo di catturare il lettore, riguardo allo svelamento del plot, spesso lo porta ad incartarsi in lungaggini e ripetizioni al limite del fastidioso.
Levatomi il dente doloroso delle critiche, passo ora ai pregi del romanzo, che ha -tutto sommato- un suo perchè.
Il nodo centrale del racconto è un vecchio processo per la canonizzazione di G.K. Chesterton, ritirato fuori dai vertici vaticani. Da contorno una piacevole aneddotica, molto variegata nei temi, che spazia dall'evasione  di Casanova dai "Piombi" di Venezia, alla storia di Aby Warburg, di cui si è detto, passando per accenni ai più recenti scandali vaticani nonchè puntate nella letteratura britannica delle origini.
L'effervescenza e la vivacità del ritmo narrativo, congiuntamente alle molte curiosità -comprese quelle sulla biografia di Chesterton-di cui è disseminato, fanno di questo libro comunque una gradevole passeggiata, che vi suggerisco di non scartare, come ipotesi, a priori.

 

venerdì 2 dicembre 2016

Una storia sotto l'albero



Odiava la fretta. Detestava corrompere i riti quotidiani con la velocità imposta dal ritardo. Preferiva muoversi con calma e rigorosamente a piedi. Macinava chilometri e mentre camminava pensava. Di tanto in tanto stralci di conversazioni altrui si intrufolavano nelle sue meditazioni. Chiacchiere telefoniche, alterchi tra coppie, battibecchi tra genitori e figli. Voci di strada che le si infilavano casualmente in testa spingendo le sue riflessioni lontanissime dai punti di partenza. Proprio da quei deragliamenti generavano le storie che poi scriveva. Così erano nati molti dei suoi racconti.
Fare le cose di corsa implicava, viceversa, accelerare i passi e i pensieri.
Comportava concentrazione per guadagnare minuti . E concentrazione significava isolamento. I richiami dalla strada giungevano alla mente smussati, annebbiati, spenti. Inutilizzabili per creare trame.
Niente, così proprio non andava. La storia Natalizia tardava a farsi strada.
D'altronde la frenesia non era solo sua. Tutta la città era in preda alla medesima agitazione e così deconcentrata non dava certo il meglio di sé. Mancavano più di 20 giorni a Natale eppure dal grado di fermento percepibile si sarebbe detto piuttosto che si fosse già alla vigilia.
Con il corso normale dell’esistenza sospeso “causa di festa maggiore,” di discorsi ordinari, quelli di vita quotidiana non se ne facevano. D’altro canto, non essendo ancora scattato ufficialmente il periodo di “bontà forzata natalizia”, non c’era neppure ancora l’ispirazione per le belle frasi di circostanza, intrise di spirito di fratellanza, che pure potevano dare l’illuminazione. Da quella terra di mezzo non poteva venire fuori nulla.
La speranza di trovare spunti definitivamente persa tra fame e stanchezza, desiderosa di affrettare i tempi del rientro, si infilò nell'ultimo vagone semivuoto della funicolare.
Ogni volta che si è sulle spine non solo i pensieri, pure i comportamenti si fanno spinosi.
Perciò davanti alla mano tesa ad elemosinare della zingarella con bambino in braccio che le si parò davanti, lei non accennò neppure un gesto di diniego come era invece solita fare per prassi di gentilezza. Inizialmente rimase del tutto indifferente, consapevole che da loro non avrebbe tratto alcun materiale utile per uno scritto. Che storia avrebbe potuto, infatti,cucire addosso alla ragazza e al suo bambino se non il solito racconto di luoghi comuni e pregiudizi? Cominciare descrivendone la bellezza acerba ma già sfruttata di donna-ragazzina, rimarcare l’anacronismo di agghindarsi a quel tipico modo delle gitane, porre infine l’accento sul molesto tono querulo della voce. Poi sarebbe passata al bambino, sottolineando lo scempio di rubare infanzie spensierate ad anime innocenti sottoposte al supplizio di imparare, fin da subito, il mestiere d’accattone.
Scavare a fondo nel cliché del nomadismo estraendone rincrescimento, rammarico, fastidio per la palese inerzia delle istituzioni. Solo questo, null’altro ne poteva venire e non era di certo ciò di cui aveva bisogno.
Controvoglia, quindi, si arrese all’invito tacito della vicina, che con un’alzata di spalle e un’espressione d’insofferenza sulla faccia, aveva girato la testa nella loro direzione sollecitandola a condividere il proprio disgusto, e spostò lo sguardo sui due.
Si sorprese allora a ripensare che sul seggiolino dove ore sedeva il piccolino, sistemato lì dalla madre, meno di una settimana prima ci aveva visto un altro di bambino.
Stessa corporatura e apparentemente stessa età.
L’altro, quello della settimana prima, ben vestito, ben pettinato, naso ben pulito, guantini alle mani, sedeva tra i genitori remissivo, sottomesso, costretto a forza di aspri rimproveri a rimanere fermo.
Questo invece, vestito con i suoi abiti da zingarello, spettinato, moccolo al naso, manine rosse per il freddo, occupava con gran compostezza, quasi con solennità, il posto che la mamma gli aveva ceduto, arrangiandosi lei sul gradone centrale del vagone-
Le due immagini si sovrapponevano nella sua testa, ma non c’era verso di farle coincidere. Confliggevano, ma non nel senso che la nostra spettatrice si sarebbe atteso.
C’era un elemento, una nota dissonante: la felicità.
La gioia, l’allegria, o comunque lo si voglia chiamare quel certo sentimento di piacere che illumina la gente contenta, assente nella scena della settimana precedente, dove pure ci sarebbero stati tutti gli elementi per ipotizzarla, era invece percepibile chiaramente in questa, dove a rigor di logica ne sarebbero mancati del tutto i presupposti.
Ognuno svolge il proprio lavoro recitando pubblicamente un ruolo. Infondo chiedere l’elemosina è per i nomadi una professione come un’altra.
Con tutta evidenza la zingara, smesso di mendicare, era ritornata ora ad essere una mamma. Su quel gradino, ignara dei presenti, si godeva il suo bambino con una spensieratezza che dava piacere a guardarli.
Lui farfugliava parole nel tentativo di imitare la madre e lei a sua volta gli rifaceva il verso. Gli stava insegnando a dire: “per piacere e grazie” in lingua italiana, a tendere la manina in cerca di monete, ma non c’era la benché minima bruttura. Nessun piglio autoritario, ne’ durezza o atto di prepotenza. Al contrario solo reciproche carezze e tenerezze. La ragazza continuava a mangiarsi di baci il suo bambino in un intreccio di risate e complicità.
Poteva interessare a qualcuno quel ribaltamento radicale nella prospettiva della narrazione?
Valeva la pena raccontare che la sacralità del vincolo materno le si era rivelato in un luogo, in circostanze e in un contesto tanto inconsueti? Decise per il sì.
Zingari felici: bello spunto per la sua prossima storia di Natale.


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Novembre 2022 📝📂Appunti molto random - al limite del plausibile- su "Non è un pranzo di gala" di Alberto Prunetti  1️⃣💸📚 come ...