Ci sono casi, come questo, in cui i giudizi vanno espressi senza giri di parole e un superlativo va speso senza timore di esagerazioni.
Tommaso Pincio, pseudonimo di Massimo Colapietro, è uno dei nostri scrittori di maggior talento. Il nome d’arte, italianizzazione di Thomas Pynchon (mostro sacro della letteratura postmoderna americana) dice molto del suo legame con l’America. Fresco di studi all’Accademia di Belle Arti, infatti, il nostro autore si trasferì a New York, dove ha maturato la vena letteraria.
Con Panorama, recentemente vincitore del Sinbad, premio internazionale dei librai indipendenti, ne salutiamo il ritorno in libreria. Affermazione, quest’ultima, da prendersi alla lettera, poiché su espressa indicazione dello scrittore il libro è disponibile esclusivamente in edizione cartacea.
Ottavio Tondi, il protagonista del romanzo in cui Tommaso Pincio fa da voce narrante, è un lettore: sua unica velleità” sbirciare e origliare nelle vite altrui” seduto su un divano. Il padre, commercialista da generazioni, lo avrebbe voluto erede della tradizione di famiglia. Ottavio, invece, si trincera con ostinazione nella sua passione, che il caso trasforma in un vero e proprio lavoro. Legge manoscritti per conto di un importante editore indicando quelli da pubblicare. Grazie ad una delle sue fortunate intuizioni è dato alle stampe il più grande caso letterario di sempre. Comincia così una lunga sequela di traversie che gli segneranno irreparabilmente la sorte. Per sottrarsi ad un progressivo isolamento, Tondi, accogliendo il suggerimento dell’amico Mario Esquilino , approda al social Panorama. Concepito sul modello del Panopticon, la prigione ideale del filosofo Jeremy Bentham, progettata in modo da consentire ad un unico carceriere di sorvegliare tutti i detenuti, Panorama, diversamente da Fb, prevede che ciascun utente abbia una telecamera sempre in funzione fissa su un punto della casa. Soluzione necessaria per creare ad ogni iscritto l’illusione di poter osservare tutti. Tondi divenuto nel frattempo incapace di leggere, annota sul social le citazioni dei libri che gli affiorano alla memoria, lasciandone però ignoto lo scrittore. Puntuale l’utente Ligeia, anch’ella lettrice, il cui profilo rimanda l’immagine di un letto disfatto ingombro di oggetti personali e una “canna” fumata per metà, ne indica l’autore. Dal fugace contatto alla quotidiana corrispondenza di messaggi privati, via via più personali, il passo è breve. Ottavio e Ligeia intratterranno, fino a quando la ragazza sparirà nel silenzio, un rapporto d’amore virtuale lungo ben quattro anni.
Il romanzo di Pincio ha la cifra stilistica, il ritmo narrativo e il contenuto dei grandi classici. Ha, di questi ultimi, soprattutto la semplicità e l’eleganza. Si divora con la malinconia mista al rammarico di dovere, alla fine, congedarsi dal proprio beniamino, tipica dei racconti che ti conquistano fin dalle prime battute e ti tengono per sempre.
I libri, pur quando pretendono di essere narrazione del contemporaneo, spesso falliscono l’obbiettivo di plasmare protagonisti che siano archetipi dell’uomo figlio di quel contesto. L’Ottavio uscito dalla penna di Pincio ne è, invece, a tutti gli effetti e -come suggerisce pesino il nome- a tutto tondo un autentico esemplare. E’ uomo del suo tempo quando in qualità di semplice lettore -appassionato ma al contempo disincantato- dimostra di avere piena coscienza dello stato del mondo editoriale e letterario, di cui dice: “Gli aspiranti scrittori volevano diventare scrittori, gli scrittori volevano diventare scrittori di successo, gli scrittori di successo volevano diventare scrittori apprezzati dalla critica”. E’ uomo del suo tempo quando non dubita che un rapporto sentimentale nato e consumato su un social sia amore a pieno titolo. “Era il 7 aprile del primo anno di corrispondenza con Ligeia Tissot. Già l’amava”, scrive a tal proposito Pincio. E’ infine uomo del suo tempo quando intuisce il futuro della letteratura: “Ebbe dunque la seguente illuminazione: non era morta la letteratura, erano morti loro, i letterati. La letteratura esisteva ancora, ma in una forma nuova, non più cartacea, non più scritta per essere letta. (…) Le parole e le cose che vedeva scorrere su Panorama non erano forse un racconto in continuo rifacimento? In quel piacere spasmodico di osservare le vite degli altri non si realizzava forse la sua idea di letteratura, origliare e sbirciare? L’unico nostro rammarico, leggendo le sue parole è di trovarci in disaccordo con Pincio: finché ci saranno scrittori della sua levatura –per nostra fortuna- nulla è perduto. Nessun requiem, ne’ per la letteratura, ne’ per i letterati che ne restano i superbi cultori.
Questo consiglio di lettura è apparso sulla rivista
Itali@Magazine il 30 novembre 2015 con il titolo " Sempre bellissimo il Panorama del Pincio… anche quando si tratta di un libro!"