Stirpe di Marcello Fois è una bottiglia di ottimo filu de ferru. La storia che ci sta dentro, infatti, è un'acqua che arde, e che, sorso dopo sorso infiamma inesorabilmente chi ne beve.
Inizialmente un po' di difficoltà si avverte a buttarla giù, poi il palato si abitua e la sua poderosa gradazione alcolica diventa virtù, nerbo che si apprezza in funzione della scossa, all'emozione che ci trasmette. Ad entrare nelle pagine non è facilissimo. Robusto, il costrutto narrativo oppone una certa resistenza a chi ha la bocca fatta alla cedevolezza di certe scritture contemporanee votate alla scorrevolezza. Fois ci mette davanti ad una torre di pietre, ad un nuraghe. Eppure nemmeno lo spazio di una ventina di pagine e l'interno della costruzione si illumina per l'incedere vagamente poetico assunto dalla prosa, il racconto prende il sopravvento e la fatica va via.
Una splendida sorpresa questo "Stirpe" di Marcello Fois, capace di affezionare il lettore a una famiglia, al suo destino tragico, ordinario e straordinario insieme, alla sua storia impastata di saggia lucidità e credenze popolari.
Sullo sfondo Nur, Nuoro, la Sardegna e il Continente con le due guerre mondiali, l'Italia fascista e l'accenno ( splendida perla) all'episodio misconosciuto dell'affondamento del transatlantico Victoria, con il suo carico di Italiani e tedeschi emigranti, divenuti indesiderati nel Regno Unito in quanto nemici di guerra.
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