martedì 1 giugno 2021

ganglio 48

Quante immagini nel dimenticatoio attendono un impulso per rispuntare e colpire al cuore. 
Mia madre -sempre lei- è in perenne dismissione. La casa è piccola, questa la sua scusa. Prima di acquistare un nuovo spillo -dopo 54 anni di matrimonio, quando della tua vita non puoi più cambiare molto per sopravvenuta vecchiaia, l'unico esercizio di fantasiosa libertà che puoi concederti è rinnovare ciò su cui i tuoi occhi si posano, onde cercare l'ebbrezza di comporre una variante del tuo panorama quotidiano- devi disfarti di quello in uso. È vero anche, però, che dopo 54 anni sei combattuta e restia dal gettare via le cose comprate con grandi sacrifici e custodite con amore. Mia madre sempre chiede prima se io le voglia. Sono figlia sua, dunque non sarò mai un'accumulatrice seriale. Anche io faccio come nella famosa scenda del treno in cui Totò, al quale il compagno di viaggio passava i bagagli affinché li sistemasse nello scompartimento, li gettava via dal finestrino creando spazio. Però a volte mi lascio abbindolare dalle proposte di mamma. L'ultima è stata una coperta di piquet verde, che intende sostituire con una moderna trapuntina. Ho fatto bene ad acconsentire, così, a scatola chiusa, non avendo alcuna idea, in realtà, del copriletto al quale si riferisse.
Stupore, gioia infantile, incredulità.
Accarezzando il piquet, i polpastrelli non hanno semplicemente recuperato la sagoma di un disegno ben noto. Ripercorrendo i rilievi bianchi delle margherite adagiate sulla trama verde pallido del tessuto, le mani hanno sperimentato la contentezza irrefrenabile di poter scorrazzare su quel prato amatissimo, nascosto, chissà perché, nei meandri della memoria, ancora e ancora.
In giugno, annualmente e puntuale, quel giardino rifioriva sul lettone dei miei genitori. Leggero, fresco, tenue e delicato. L' aiuola prediletta della nostra infanzia, dove mio fratello e io trascorremmo le giornate delle nostre febbricole primaverili causate dai raffreddamenti del cambio di stagione o i febbroni ammorbanti delle malattie esantematiche, le cui epidemie, tra gli scolari, scoppiavano sempre all'annunciarsi della bella stagione, privandoci delle agognate primizie dei giochi in cortile. Anche mio fratello, presente alla consegna del trofeo, alla sua vista ha sussultato, emozionato, travolto dalla medesima ventata di ricordi.
"Il copertino di piquet verde" è stato per noi pomeriggi che si allungano preludio di spensierate estati, tramonti mozzafiato goduti dalla finestra di camera di mamma e papà.
Il privilegio di passare, per quanto scombussolati dalle malattie e ammaccati, le giornate nel lettone grande a guardare, fuori orario, la televisione.
"Il copertino di piquet verde" è stato, invariabilmente, l'accoppiata con le lenzuola di cotone finissimo del corredo, azzurre per mio fratello e rosa per me, con cui mamma ci teneva tanto ad apparecchiarci il letto come parte di un gioco più grande in cui tentava di trasformare i giorni del malanno e della convalescenza. È stato la possibilità di scegliere il menù, sebbene i mal di gola, che sovente accompagnavano le malattie infantili, ci impedissero di goderne in pieno. È stato pacchetti di figurine, per gli album da completare, che lei ci portava al ritorno dalla spesa. È stato le visite della nonna con "la bella cosa" a rompere la monotonia. È stato infine, molto spesso, l'attesa che passasse, il 30 giugno, sotto casa la processione dei SS. protettori del quartiere e noi che, dalla finestra del nostro quarto piano ai vetri della quale incollavamo il naso sporgendoci il più possibile, facevamo a gara nell'individuare parenti e conoscenti tra la folla alla quale, pure quell'anno, non ci era riuscito di mescolarci. "C'è un prato verde dove nascono speranze..." 
Io mi godo il privilegio di averne uno speciale, che grazie alla mia mamma, tornerà a fiorire ancora ogni anno.

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