Entrata in libreria per la solita perlustrazione in cerca di novità, sono caduta nello specchietto per le allodole approntato dal libraio, che sullo scaffale aveva poggiata, fresca di stampa, l'ultima fatica di Peppe Lanzetta.Io, Lanzetta lo scrittore lo adoro, più del suo alter ego attore. La Napoli come la racconta lui, vitale, sanguigna, dolente e giuliva, nel suo impasto di vita e di sangue, mi fa uscire pazza.
Non ci ho pensato due volte: "Zia Titina e L'ISIS" me lo sono portato a casa: 70 pagine, 9 €, Tullio Pironti editore, come dire a chilometro zero. Non potevo fare altrimenti.
Me lo sono bevuto in una manciata d'ore. Adesso sono triste e non di certo perchè già l'ho finito. Mi dispiace perchè non mi sento di dirne bene. L'affetto e l'ammirazine per Lanzetta mi impongono sincerità, perciò non lo salvo a meno di considerarlo un divertissement , un gioco, una facezie, insomma, con cui anche l'autore si è spassato non più di una manciata d'ore. Il libricino è un piccolo"papocchio". Vi si narra la storia di un elettrauto che, dati i caratteri somatici mediorientaleggianti, recatosi al supermercato, viene scambiato per un terrorista e si trova a vivere un'avventura surreale in questura. Un parente lontano, ma lontano anni luce, del Castello di Kafka scritto in preda ad una sbornia epocale o a una altrettanto epica " grande fumata". ( Lo so, lo so, un tantinello cattiva, ma l'ho pensato mentre leggevo e lo scrivo). In un flusso psichedelico di nomi, citazioni e allusioni prese a prestito dalle pagine di storia più contemporanee, Lanzetta mescola tutto e tutti, in un pulp surreale dove vengono chiamati in causa persino Stevie Wonder e Barry White, senza tuttavia convincermi. Nonostante il messaggio finale di redenzione e pace, a mio modestissimo parere, Lanzetta poteva fare di meglio che riproporre una storiella somigliante a quelle che girano su FB.
Altro giro altra corsa.