venerdì 4 maggio 2018
" Bruciare tutto" di Walter Siti
Scrivere di “Bruciare tutto”, di Walter Siti, edizioni Rizzoli, è difficile.
Pur prescindendo dal giudizio espresso da Michela Marzano nell’articolo “La pedofilia come salvezza: il romanzo inaccettabile di Walter” http://www.repubblica.it/cultura/2017/04/13/news/pedofilia_walter_siti-162874167/ e dalle polemiche scaturitene, è comunque
complicato cimentarsi in valutazioni sulle quali non pesi la soggezione verso l’ autore.
E’ insolente improvvisarsi difensori di Siti, cui non fanno difetto ne’ penna, ne’ ponderazione per far da sé. Temerario, al limite del peccato di hỳbris, nominarsi portavoce o esegeta di un maestro a cui è riuscito di saldare la parola al concetto, con un risultato di reciproco rispecchiamento così perfetto da rendere improbabili i fraintendimenti. Pressoché comico buttare là un: — “io penso che…” “sono convinta che”, a proposito di un intellettuale a cui va riconosciuta la primogenitura su un linguaggio modernista, consustanziale al contemporaneo di cui narra, nel quale si rivelano pienamente l’estro e l’abilità creative con gli esiti di chiarezza di cui si diceva innanzi. A voler interpretare Walter Siti, insomma, ci si espone al pleonasmo. A decifrarne la volontà e l’intento si rischia solo di stravolgere e/o falsificare quei contenuti affidati a una lingua meritoria di risalire dall’individuale dei dialoghi da cui germoglia, all’universale della realtà storica e sociale di cui diviene cristallizzazione, modello obbligatorio per gli scrittori che parlino del medesimo presente.
Un tale azzardo resta possibile e conviene solo in rete, dove le incommensurabili distanze cibernetiche ci mettono al riparo dall’eventualità che l’autore si imbatta nei nostri ghiribizzi sul tema.
Mi sono fatta l’idea, ordunque, che “ Bruciare tutto” sia un ulteriore capitolo –speriamo non conclusivo- del grande romanzo sull’ odierno che Siti va scrivendo libro dopo libro. “Resistere non serve a niente”, ci ammoniva l’autore nell’anno in cui conquistò lo Strega. Il passo successivo fu pianificare una “Exit strategy”. Risolutivo è sicuramente “Bruciare tutto”.
Questo ultimo libro sta -mio modestissimo parere- all’intera produzione di Siti come l’omelia del protagonista Don Leo, pronunciata nel “ Fidei donum” nono e ultimo capitolo, sta all’intero romanzo: con mero intento provocatorio. Il prete sceglie di essere a tal punto disturbante nel suo sermone d’addio, il “suo testamento”, da mettere letteralmente in fuga i presenti. Sceglie di sintetizzare tutti i dubbi accumulati nella sua vita e nella sua opera pastorale in un excursus che culmina nell’esortazione a rivedere “il nostro stile di vita”, l’idea che “la vita umana è la cosa più importante e che la religione (…) un fatto privato (…), entrambe affermazioni non vere, essendo centrale solo la volontà di Dio”. Sceglie di profetizzare la necessità di “ un progetto di rivolta” perché “non esiste Dio senza rivolta” -dal momento che -“ l’umanità sopravvive, cioè vive sopra se stessa, soltanto se mette in conto il pericolo della propria estinzione…”
La pedofilia, il tabù dei tabù, piuttosto che elemento dominante, esclusivo, della narrazione ( pochi i riferimenti espliciti, esigue, anche nel numero, le pagine dedicate) mi pare, cioè, solo il pretesto, l’espediente più indisponente che Siti abbia trovato sottomano, ma tuttavia contiguo ai suoi soggetti tradizionali, per imporre un ripensamento dei temi solenni e centrali al cattolicesimo, smembrato da strumentali e devianti interpretazioni.
L’uomo, che nei precedenti romanzi ( “passeggiate archeologiche nelle vite devastate”- saccheggiamo la frase al Siti attuale) si perdeva nel nichilismo della droga, dello svilimento del sesso, della finanza creativa, deve recuperare se stesso sciogliendo –o più propriamente- riannodando il cappio scorsoio della religione, riprendendo il dialogo con e l’obbedienza a Dio.
Cosa ne è della “grazia”, del peccato, del diavolo, a cui ci si riferisce sempre più sporadicamente come fonte del male. Il credente cristiano è come l’avventore che, in uno splendido lapsus tra distrazione e ignoranza, chiede del “Prosciutto di Prada”. E’ un essere che ha confuso i piani della giustizia, della morale e della religione, eliminato i confini tra il dovere e il piacere, perdendo la bussola e restando menomato sia come essere individuale che sociale. “La religione — dice Don Leo- non si fa: si patisce semmai, si asseconda e si gode, eventualmente si applica”.
Non intendo tornare sulle considerazioni della Marzano. Ne’ indagare il tema vastissimo dei luoghi in cui un autore debba attingere “il materiale” di scrittura. Pronunciarmi sulla liceità del cogliere solo dall’alto o della opposta possibilità di estrarre dal basso. Dico solo che Walter Siti si conferma una voce imprescindibile per ripensare al contemporaneo. L’unico capace di scrivere una “ Guernica” davanti alla quale ci inchiodino le opere, le parole, le omissioni di cui siamo colpevoli, rimasti orfani- per parricidio- di Dio.
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