mercoledì 8 giugno 2016

" L'arte della gioia" di Goliarda Sapienza

Non sono una che serba rancore, ma metto su certi bronci –quando sono contrariata- che a confronto i bimbi campioni di “muso lungo” sono dei dilettanti.
Verso quanti hanno letto “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, edito postumo nel 2008 da Einaudi, e non l’hanno consigliato con squilli di tromba a destra e a manca –si sappia- nutro del risentimento, per quanto passeggero.
Era dai tempi dei “ I Vicerè” di De Roberto o del “Il resto di niente” di Striano, o ancora da “La Storia” della Morante  che non leggevo un romanzo così potente e intenso.
Affermazione impegnativa, lo riconosco, ma quanti avranno la bontà di darmi credito  leggendo questo miracolo letterario non potranno che darmi ragione.
"Ed eccovi me a quattro, cinque anni in uno spazio fangoso che trascino un pezzo di legno immenso. Non ci sono né alberi né case intorno, solo il sudore per lo sforzo di trascinare quel corpo duro e il bruciore acuto delle palme ferite dal legno. Affondo nel fango sino alle caviglie ma devo tirare, non so perché ma lo devo fare. Lasciamo questo mio primo ricordo così com'è: non mi va di fare supposizioni o d'inventare. Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente."
Mantiene la promessa Modesta, protagonista del romanzo, al fianco della quale sono stata inesorabilmente inchiodata per le oltre 500 pagine in cui, senza reticenze e falsi pudori, racconta la sua peculiare esistenza: dalla misera infanzia agli anni del convento, dal tempo in cui diverrà “principessa” per matrimonio, ai giorni della “vecchiaia”.

Goliarda Sapienza, attrice e scrittrice (nata a Catania nel 1924 e morta prematuramente a Gaeta nel 1996) una vita tanto complessa e sui generis da averla portata anche in galera per un furto di gioielli in casa di amici, ultimò questo capolavoro nel 1976. Non riuscendo  tuttavia a pubblicarne che la prima parte nel 1994, nella collana Millelirepiù, lo affidò a Angelo Pellegrino, suo marito, il quale  dopo averlo tenuto in un cassapanca per un ventennio, lo pubblicò a sue spese nel 1998 per  Stampa Alternativa.
Le vicende di Modesta ottennero comunque più successo all’estero, in Francia, Germania e Spagna, di quanto ne abbiano avuto in Italia, dove continuano a circolare grazie al zelante passaparola di chi ha la fortuna di imbattervisi.
“L’arte della Gioia” è un romanzo sorprendentemente moderno. Modesta è una donna sorprendentemente moderna. La scrittura di Goliarda ad ogni riga, passo, episodio, argomento narrati è addirittura incredibilmente profetica.
"Hitler fu tradito, ma il suo sogno si avvererà: un' Europa unita con a capo il genio germanico"
Se la cifra della modernità è, infatti, la rottura con la morale, le consuetudini, le regole sociali del proprio tempo non più rispondenti alle esigenze personali e collettive dell’epoca, rivendico all’autrice e alla sua eroina, ciascuno nel proprio ambito, d’essere due riformiste, due innovatrici, due antesignane anticonformiste doc.
Modesta, classe 1900, lascia il convento avendo costruito, grazie alla prima rudimentale istruzione a cui ha accesso come novizia, una bozza di pensiero critico sulla religione che preluderà all’agnosticismo – novità assoluta per una donna della sua estrazione- dell’età adulta.
Primo grande gesto di ribellione di una lunga serie di atti compiuti per realizzare quella gioia che è l’arte di vivere.
Acuta, volitiva, coraggiosa la Principessa Modesta punta   sullo studio, sulla lettura e sull'istruzione per rifondarsi come persona, sfidando i pregiudizi e gli schemi sociali.
E’ spregiudicata nell'amore: vive in piena libertà e naturalezza la propria sessualità sia con uomini che con donne. 
"La verità è che quando trovi la donna giusta o l'uomo giusto, allora è di dovere intendersi. l corpo uno strumento delicato è, più lo studi e più l'accordi all'altro, più diventa perfetto il suono e forte il piacere"
"Ma l'amore non è assoluto e nemmeno eterno, e non c'è solo amore tra uomo e donna, possibilmente consacrato. Si poteva amare un uomo, una donna, un albero e forse anche un asino, come dice Shakespeare"Matura convinzioni politiche progressiste insospettabili per i tempi, abbracciando la causa socialista e antifascista che la porterà al confino.
E’ una madre e nonna atipica ma esemplare, per la quale libertà non è   parola manieristica ma una necessità da attuare, che assume senso concreto,  in ogni gesto quotidiano.

“L’arte della gioia” è uno di quei libri che si leggono tenendo costantemente la matita tra le dita per la continua necessità di sottolinearne i passi, che si divorano voracemente per la curiosità di sapere cosa succede pagina dopo pagina, ma anche con il rammarico di avvicinarsi alla conclusione troppo in fretta e la consapevolezza che l’addio ai protagonisti sarà in ogni caso doloroso.
 “L’ arte della gioia” – mi sbilancio nuovamente e ribadisco- è un romanzo imprescindibile.
Questo non è uno dei miei consueti consigli di lettura: è un ordine categorico!


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