Così fu, infatti. Quando
puntò il naso all’insù uscendo dall’abitacolo, dello spettacolare buco in
direzione del quale aveva fin lì guidato non era rimasta quasi traccia. Si era
rimpicciolito alle dimensioni di un foro troppo piccolo per spiarci attraverso ma
sufficiente a lasciar cadere ancora qualcosa. Scattò in avanti per afferrare il
foglio di carta che le svolazzava
incontro ma non fece in tempo a schivare lo zaino. Non era grande e neppure
pesante, come ebbe modo di constatare dopo che si fu rialzata, ma l’altezza da
cui era arrivato glielo aveva fatto piombare addosso con la potenza di un
gigantesco masso. Mentre lei era schiacciata al suolo senza respiro, la radio
cominciò a ritrasmettere musica, il sole ricomparve al solito posto, uno stormo
di uccelli volò all’orizzonte e il cielo tornò compatto. Sentì la stanchezza
calarle addosso. Desiderò solo tornare a casa e ributtarsi a letto. Si ficcò il
pezzo di carta in tasca, raccolse lo zaino e risalì in macchina con il pensiero
focalizzato sulle quattro pareti domestiche in cui voleva correre a rifugiarsi.
Erano le 6. La strada in senso inverso come al solito sembrò più breve.
Una volta a destinazione assecondò l’unico suo bisogno. Si rificcò nel letto ancora
tiepido con i vestiti in dosso. Avrebbe lasciato su anche le scarpe non fossero
state così pesanti. Chiuse gli occhi e con quell’ultimo pensiero piombò nell’
incoscienza buia del sonno.
Si svegliò a pomeriggio inoltrato per la necessità di fare pipì. Era
rincoglionita. Conati di vomito salivano dallo stomaco.
Non se ne stupì. La nausea non era una novità portata dall’avventura mattutina.
Il malessere che la scuoteva ormai da tempore non era altro che il sintomo
della maledetta solitudine.
Era sola al mondo. Se non ci fosse stata l’urgenza della vescica null’altro le avrebbe interrotto il sonno. Non una telefonata di persone care o amici.
Neppure di colleghi.
Lei era un’invisibile.
Scacciò i pensieri inutili e tornò, come sempre, presente a sè stessa. Cavò il biglietto dai pantaloni, prese lo zaino e se li portò in camera. Seduta al
centro del letto si concentrò dapprima sulla pagina. Era stata strappata da un
comune quaderno a quadretti. C’erano riportate delle date. Quella di oggi era
cerchiata e sottolineata più volte, come a rimarcare quanto fosse importante. Fu
il turno della zaino. Ne estrasse il contento e le venne da ridere. Le cose che tirava fuori erano di una banalità sconcertante. Si sarebbe
aspettata oggetti che lasciassero presupporre nell'altra dimensione scenari fantascientifici , la borsa invece era stata fatta più o meno con gli stessi
criteri con cui lei stessa aveva preparata poco prima la sua: acqua, viveri,
soldi. Unico indizio che non fosse stata improvvisata bensì frutto
di una pianificazione accurata erano le due paia di mutante e il cambio d’abiti
ben
compattati sul fondo.
Il proprietario era un uomo, forse un ragazzo, alto ma di corporatura media a
giudicare dalla taglia e dallo stile degli abiti. Basandosi sulla calligrafia avrebbe detto non ordinatissimo, ma di
carattere. Le cifre erano chiare e essenziali, le lettere dei mesi prive di fronzoli.
I tratti, in entrambi i casi, erano irregolari ma decisi e ben calcati.
Non è un pranzo di gala
Novembre 2022 📝📂Appunti molto random - al limite del plausibile- su "Non è un pranzo di gala" di Alberto Prunetti 1️⃣💸📚 come ...
-
“ Stai per compiere ottantadue anni. Sei rimpicciolita di sei centimetri, non pesi che quaranta chili e sei sempre bella, elegante e des...
-
Per quelle di noi che vivono sul margine Ritte sull’orlo costante della decisione Cruciali e sole Per quelle di noi che non possono l...
-
Novembre 2022 📝📂Appunti molto random - al limite del plausibile- su "Non è un pranzo di gala" di Alberto Prunetti 1️⃣💸📚 come ...