Reduce da romanzi dalla cui bellezza sono rimasta folgorata, considero quasi un peccato tenerli solo per me e spesso li passo con l’obbligo categorico di lettura alle mie figlie. Come fossi una bibliotecarie acida e misantropa di certa letteratura, concedo loro l’imperativo termine di 15 giorni, trascorso il quale torno a riprendermi il libro. La piccolina di casa, in ragione dei suoi impegni scolastici, a questo giro ha goduto di una inusuale deroga, scaduta la quale mi sono ripresentata stamane per la forzata restituzione. La fanciulla ha implorato ancora una volta pietà, scongiurandomi di lasciarglielo ancora perché -avevo ragione- "Dio di illusioni" di Donna Tartt è un capolavoro.
The secret history” tradotto in
Italia da I. Landolfi con il titolo “Dio
di illusioni” per le edizioni BUR, pubblicato nel 1992 è il
romanzo d’esordio di Donna Tartt,
scrittrice americana, vincitrice nel 2014 con “Il cardellino “del Premio Pulizer.
In genere quando mi si chiedono consigli di lettura cerco di sottrarmi perché è
impegnativo su due piedi accennare a un titolo. Bisogna tener conto di tanti
fattori relativi a chi ci sta davanti: inclinazioni, personalità, interessi,
età.
A suggerirvi le opere di Donna Tartt non mi faccio scrupoli: non leggerla sarebbe
infatti un gran peccato. Vi perdereste
quanto di meglio c’è sulla piazza in fatto di romanzo tradizionale, perché i
testi della Tartt sono da manuale. Scrittura perfetta, scorrevole, descrizione
approfondita dei personaggi, storie che fluiscono in trame articolate ma costruite
con la tecnica degna di un orologio svizzero. I cattivi dicono di lei che ci impieghi troppo tempo (per Il Cardellino ci ha messo 10 anni) e che “vada lunga”: mai
sotto le 500 pagine. Sappiatelo!
Se mi infervoro molto descrivendo un buon libro tendo a dimenticarmi della
trama. Limite mio, confesso. Nei casi in cui la storia che ho sotto gli occhi
scorra magnificamente, in perfetto raccordo con la sintassi e con ogni altro
elemento che contribuisce alla sua buona qualità, finisco risucchiata dentro le
pagine al punto da non farci più caso –mi rendo conto del paradosso- perché essa diventa, per tutto il frangente della lettura, non più quella cosa
scritta che ho tra le mani, ma una realtà che vivo.
Nel “Dio di illusioni”, ambientato in un college nel Vermont
io sono stata la voce narrante, il giovane Richard,
lo squattrinato studente che pagina dopo pagina, dall’incontro con i suoi sei
ricchi, raffinati, colti e viziati colleghi scoprirà “l’infinità di trucchi grazie ai quali il male si presenta come bene”.
Cosa giustifica tanto entusiasmo difronte alle 555 pagine del libro da parte di mia figlia adolescente?
Non solo le sbronze e le abitudini eccentriche dei sofisticatissimi Henry, Charles e Camilla, Francis e Bunny,
i sei protagonisti, scavezzacollo ma
anche menti geniali. C’è Julian, il
professore di greco antico, che li seduce introducendoli al rito Dionisiaco. C’è l’America delle stratificazioni in classi
sociali. Ci sono segreti e drammi esistenziali. C’è infine, a svettare su tutto,
l’universo classico, che per ogni studente di liceo rimane il più bello dei
mondi possibili.
Si è scritto che 550 pagine per questo romanzo siano troppe. Dissento: non
una è inutile, non una da tagliare. La trama è fitta, non subisce mai un calo di
tensione grazie alla penna -che non ha bisogno di aggettivi per essere
qualificata- della Tartt. Lei agguanta
il lettore e lo tiene per la collottola fino alle pagine finali centellinandogli
le rivelazioni, dipanando credibilmente la rete dei misteri intessuta, buttando
all'aria tutte le più ovvie conclusioni.
Alcuni libri durano, ci spiace dirlo, una stagione. Dio di illusioni, è invece un irrinunciabile romanzo di formazione
che non invecchia. “Bellezza è terrore”
–dirà Julian- “Ciò che chiamiamo bello ci
fa tremare. E cosa potrebbe essere più terrificante e più bello che perdere
ogni controllo?”. In sincerità, fareste bene a segnarvi questo mio consiglio.
L’idea di 550 pagine è una vertigine che in questo caso vale la pena –ve lo garantisco- di
affrontare.