Chi di voi si ricorda di quando, a bordo delle fiammanti
"proletarissime” utilitarie, le famiglie italiane tentavano i primi viaggi
di piacere attraverso il bel paese?
Rammenterete pure le allegre strombazzate che si scambiavano
gli automobilisti con la targa della stessa città incrociandosi in autostrada.
Tanto più si era lontani da casa tanto più lunga e festosa era la suonata di
clacson. Un segno di riconoscimento, una manifestazione di reciproca
appartenenza, un momento di agnizione potente, da commedia all'italiana.
Molti anni dopo, quando ci eravamo tutti -da nord a sud-
sprovincializzati e di fenomeni del genere sulle autostrade se n' era persa la
memoria, mio marito e io prendemmo a viaggiare -non propriamente per piacere-
fuori dall'Italia.
Cominciammo allora a collezionare una serie di incontri negli angoli più disparati della terra che avevano, in un certo qual modo, il
medesimo sapore delle antiche strombazzate.
Si trattava di anziani emigranti napoletani, partiti decenni
avanti, mai più tornati in patria, i quali non appena si accorgevano dal nostro
accento che eravamo compaesani, attaccavano bottone.
Di solito esordivano con: - “Ma voi siete Italiani?” –
Una domanda retorica, chiaramente. Inequivocabile il tono
che cominciava interrogativo per poi convertirsi, a metà della frase, in una
esclamazione.
Così fu ad esempio per l’attempato signore che ci si
avvicinò, era il 1987, in un bar di San Francisco. Capimmo subito quali fossero le sue intenzioni. Ormai esperti, ci bastavano
pochi movimenti al tavolo vicino per riconoscervi la tattica di approccio.
Scoperta la coincidenza duplice, che non solo fossimo
napoletani, ma che venivamo dal quartiere prossimo al suo, -noi soccavesi, lui
di Fuorigrotta- il signore si lanciò in un lungo elenco di nomi, pregandoci di
portare a tutti i suoi più cari saluti. Promettemmo, naturalmente mentendo, che
avremmo assolto all’impegno preso.
L’incontro straordinario, tuttavia, si realizzò anni dopo,
durante un turno di emigrazione in Inghilterra.
Eravamo alloggiati in un Bed and breakfast gestito da una
canuta arzilla vecchietta, devota alla regina madre e grande appassionata di
cricket: Miss Telma.
Poiché possedevamo una sola macchina, al mattino io
accompagnavo mio marito al lavoro e poi, in attesa che si facesse l’ora di
riprenderlo, me ne andavo scorrazzando per le campagne inglesi. Dopo aver
scelto un paese, un villaggio, una cittadina nelle vicinanze, mi mettevo in
viaggio.
In genere rincasavo da Miss Telma a metà pomeriggio. Un
saluto, due chiacchiere nel mio allora stentatissimo inglese, una tazza di tè
ed ero pronta per uscire a recuperare il consorte.
Quel giorno mi spinsi un po’ oltre i confini consueti, fino
a Peterborough, la più importante città del circondario. Al ritorno, anziché
prendere l’autostrada optai per la strada statale. Mi piaceva molto guidare
attraverso il verde paesaggio e i villaggi inglesi. Era rilassante.
Tornata a casa, mi ritirai in camera per una breve
rinfrescata. Non feci neppure in tempo ad infilarmi in bagno che fui interrotta
dalla voce di Miss Telma al di là della porta. Un signore, poco dopo il mio
rientro, pare, si fosse presentato all'uscio chiedendo di me e ora era in
salotto, di sotto, che mi aspettava.
Mentre scendevo i pochi i gradini, mi lambiccai il cervello
chiedendomi chi mai potesse essere costui. Vederlo di persona, dinanzi a me,
non fu di minimo aiuto per svelare il mistero. Di media altezza, baffi neri,
mezza età, per quanto mi sforzassi a scavare nella memoria, ero certa di non conoscerlo.
Difronte all'evidente mia confusione, sorridendo si affrettò a fare le
presentazioni e a spiegare la ragione della sua presenza. Si chiamava Peppe,
erano un emigrante napoletano trapiantato da decenni a Peterborough. Guidava il
furgoncino dei gelati; avete presente quei camioncini che vanno di villaggio in
villaggio, con la musica a tutto volume, a vendere gelati ai bambini? Proprio
uno di quelli. Il buon Peppe, gelataio itinerante, dichiarò che non gli era
parso vero, quel pomeriggio, incrociare una macchina targata NA sul il suo
percorso. Preso dall'entusiasmo e spinto dalla struggente nostalgia ad avere
notizie della sua città natale, aveva deciso di lasciare i bambini a
secco e s’era messo a seguirmi. Roba da matti. E non mi riferisco a Peppe.
Avevo guidato per mezzo Regno Unito con un camioncino strombazzante alle calcagna senza accorgermi di nulla.