sabato 30 gennaio 2016

SPAZZACAMINO


Sono una persona emotiva.
Sono nata così: le lacrime compaiono all'improvviso. La punta del naso diventa rossa e gli occhi mi si velano. Non posso farci nulla.
Le mie figlie, che da piccole si impressionavano, ora che hanno imparato, ci scherzano su. Ogni volta che succede si avvertono complici con cenni, si sbellicano e mi fanno notare che "ho la voce craccata dal pianto".
Da bambina era peggio in quanto a frequenza, ma tutto sommato meno imbarazzante.
Diciamo che gli sfottò alla sottoscritta non sono un'esclusiva delle mie ragazze. A cominciare la tradizione fu mia madre, la quale sentiva evidentemente tale e tanta nostalgia delle mie lacrime, nei brevi istanti in cui non soffiavo commossa in un fazzoletto, da pungolarmi proditoriamente per indurmi al pianto.
Ora come allora per piegarmi irreparabilmente -inguaribile cuore di burro- è sufficiente evocare il dolore per antonomasia: la perdita della madre.  E in quello consisteva la stoccata vincente di mia mamma. Mi intonava con voce querula la canzone dello "spazzacamino", cavallo di battaglia di Luciano Tajoli.

" Quando in ogni paesello
l'inverno viene
e la neve il suo mantello
vi distende pian piano.
Abbracciando il mio fardello
di cenci e pene,
sospirando un ritornello,
me ne vado lontan.
Come rondine vò,
senza un nido né raggio di sol,
per ignoto destino,
il mio nome è lo spazzacamino.
Della mamma non ho
la carezza più tenera e lieve,
i suoi baci non so,
la mia mamma è soltanto la neve.
È Natale, non badare
spazzacamino,
ogni bimbo ha un focolare
e un balocco vicino.
Io m'accosto per giocare
quando un bambino
mi dà un urto: "Non toccare,
va a spazzare il camin".
Tu mi scacci lo so
perché il volto più bianco non ho,
ma lo spazzacamino
tiene un cuor come ogni altro bambino.
Se possiedi il tesor di un lettuccio
ben soffice e lieve,
io mi sento un signor
quando sogno in un letto di neve.
Ed è questo il destin
di noi poveri spazzacamin!"
Un testo a "tutto tonto", dove il tema dell'essere orfano si coniugava a quelli della povertà e della discriminazione sociale. Facile intuire perché  fosse la mia Caporetto. Finivo scossa da un pianto inconsolabile, spettatore mio fratello, che non avrebbe mai perso l'occasione per ridere alle mie spalle.
Accadde tuttavia che,  durante una qualche assenza di mamma in cui rimasi affidata a mio padre, io stessa, rivelando una insana indole masochista, magari perchè sentivo realmente il peso di quell'assenza, chiesi a lui di intonare il famigerato " spazzacamino".
Averi dovuto capirlo anche da questi piccoli dettagli che i miei non erano, a proposito di certe cose, sulla stessa lunghezza d'onda.
Uomo di ben altra sensibilità, e di ben altra estrazione culturale (la circostanza di aver fatto il militare a Cuneo, avrà avuto il suo peso), papà intonò, in quei frangenti, senza esitazione la sua versione :
"Su e giù per le contrade
di qua e di là si sente
cantare allegramente
è lo spazzacamin

S'affaccia alla finestra
una signorinella
con la sua voce bella
chiama lo spazzacamin

Prima lo fa entrare
e poi lo fa sedere
gli dà mangiare e bere
allo spazzacamin

E dopo aver mangiato
mangiato e ben bevuto
gli fa spazzare il buco
il buco del camin

Mi spiace giovanotto
se il mio camino è stretto
povero giovinetto
come farà a passar
Non dubiti signora
son vecchio del mestiere
so fare il mio dovere
su e giù per il camin
E dopo 9 mesi
è nato un bel bambino
assomigliava tutto allo spazzacamin "

Vittima del riflesso pavloviano, mi bastò sentire la parola spazzacaminoper scoppiare in un pianto inconsolabile, ignara del fraintendimento.

La verità è venuta a galla solo molti anni  dopo, quando mi capitò di risentire, per un puro caso, la canzone ricantata da papà . Ho capito solo da adulta, cioè, che i due giovanotti addetti a tipi tanto diversi di ciminiere, si somigliavano come il diavolo e l'acqua santa.
E allora mi son presa ma mia rivincita. Voce craccata di lacrime  di riso e non di pianto!

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