mercoledì 12 maggio 2021

ganglio 18

Resto sulla smorfia, giuro, per l'ultima volta!
Sfrutto ancora il significato dei numeri. Il diciotto mi fa gioco per il ganglio di oggi.
Diciotto, il sangue, che -lo dice bene la voce popolare- non è acqua. È magma che bolle e ribolle, che si "jetta" appriesso alle sortite della vita. Sangue 'e pimmece o blu, a seconda se si nasce infami o signori. Sangue 'e chi te bive. Sangue 'e chi te muorte. Sangue che non si rinnega. Sangue che stringe i patti. Sangue che lava le onte. Sangue che ne vo' dicere ma non ne vo' sentere.
Sangue miracoloso di San Gennaro martire e patrono, che ogni diciannove settembre fa quello che deve fare puntuale e lega e annega in un sol flusso noi napoletani.
Sono nel traffico lento e pedante di una cittadina della provincia tedesca. Ci sono ricascata. Mio marito mi ci trascina ogni tanto, all'indietro nel tempo. In un viaggio revival, tipo incursione in una delle nostre tante sezioni di vita emigranti. È sabato pomeriggio e anche la fila di macchine al semaforo risente del clima ammaccato, edulcorato, stanco, impaurito della pandemia.
Mi guardo intorno e una costellazione si illumina davanti agli occhi. Tre gli astri: tre coppie. Una è in un' alfa rossa alla mia destra. Sono turchi, intuisco dai colori dell'incarnato, dal turbante che lei sfoggia, dalla foggia dell'enorme tappeto che lui ha sapientemente incastrato tra i due seggiolini, dal vetro posteriore a quello anteriore, frapponendolo tra loro passeggeri.
La seconda, sempre a destra, viaggia su dei monopattini. Brutti, son brutti, ma c'è qualcosa di sorprendente nella disarmonia che li accomuna. Il loro duo, apparigliatosi con un'evidente, speciale benedizione degli dei, esprime una appartenenza identitaria che rasenta la perfezione. Vestiti entrambe -lui indossa una canottiera con la fantasia peggiore di sempre- con una disattenzione rara nello scombinare insieme capi di abbigliamento atroci, non passano inosservati.
La terza è una coppia di origine indiana. Anche quello si intuisce dall'incarnato. Lui pasciutello, lei esile. Parlano fitto.
E a me viene da pensare:- "ma che str#nz@ta, infondo, la vita!".
Là fuori c'è il virus. C'è il tempo cronologico che da qui a 1, 10, 100 anni li vedrà sposati, a combattere con i figli, con il lavoro, con i soldi, con le crisi affettive, con ritorni d'amore, con tradimenti, divorzi e chissà cos'altro ancora e a loro interessa, per ora, solo questo sabato sera. La felicità della coppia uno sarà, per oggi, rincasare il più in fretta possibile per piazzare al centro della stanza il tappeto e vedere l'effetto che fa. Quella della coppia numero due disfare le buste della spesa, scaldare nel microonde una pizza e guardare un film. Per la coppia numero tre, bere una birra fuori, tenersi per mano e parlare, parlare e chissà. Tutta l'umanità si regge su quell'attimo in cui due si scelgono e in cui, anche se solo per quell'attimo, l'unica cosa che desiderano, che bramano, che ambiscono è stare insieme. E quell'attimo vale come un "per sempre". Questo lo so perché sono stata la ragazza del turbante, del monopattino, delle mani che si intrecciano in attesa del verde a semafori di paesi che non erano il mio di origine, lontana dalla mia famiglia e da quella di origine, e lo sono ancora, qui e ora, seduta nell'abitacolo, desiderosa unicamente, nell'ennesimo sabato, di stare con lui.
Si accompagna ai pensieri il gesto, probabilmente freudiano, di sfiorare con le dita la tempia a cercare la sagoma del ganglio, che percepisco netta.
È un grumo pesante, fastidioso. È particolarmente duro. Si è rappreso intorno ad un vecchio detto popolare, in perfetto tema:-" 'a mugliera è sangue prestato".
Per me più di un antico detto. Un preciso confine delimitate il cerchio delle appartenenze familiari. Il vero pi greco che ne stabilisce il raggio di inclusione ed esclusione.
La mia nonna paterna, vittima di una esecrabile, atavica, misoginia patriarcale tutta sbagliata, attraverso la quale si rendeva ella stessa carnefice a danno delle nuore, trovava il modo di inserirlo sempre nei sui discorsi, ciascuna delle sporadiche volte in cui ci andavo in visita. Più lei tentava di segnare il territorio, ascrivendomi al suo semicerchio in virtù di quello pseudo diritto di genetica del tutto sgangherato e antiscientifico, più io mi concentravo sulla volontà di resistenza e persistenza nella parte materna.
In ogni caso, seppur mi sia stato evidente fin da bambina il sottinteso sprezzo, il disvalore per la coppia elettiva, dei due che si scelgono e non hanno comunanza di sangue, di fatto, anche io, nel gioco della rivendicazione mi abbassavo al suo livello, stropicciando o peggio ancora, ignorando la realtà proprio dell'amore coniugale.
Il diciottesimo ganglio diventa dunque lo strumento per riappropriarmi del proverbio e lordarlo dall'orrore dello spregio che reca in sé.
Voglio e devo affrancarlo dalla rivendicazione putrescente e canalizzarlo verso la poesia. La possibilità si concreta nei tre astri della costellazione del semaforo che scandisce il traffico lento e pedante in una cittadina della provincia tedesca. Le quattro coppie - ci aggiungo pure l'attempata di cui io faccio parte- dimostrano che il mondo si fonda su ciascuna goccia sangue di chi si prae_sta all'unione per saltare fuori dallo stagno di nascita. Il mondo si poggia solo e sempre su ciascuna goccia di sangue che si scioglie stando davanti, prae_stando appunto, "a chi ci fa sangue". 
 

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