mercoledì 12 maggio 2021

ganglio 20


 "Uno dei motivi principali per cui scrivo è senza dubbio per ritrovare il meraviglioso della mia infanzia, al di là del quotidiano, la gioia al di là del dramma, la freschezza al di là della durezza.“

Questa citazione la prendo in prestito da E. Ionesco. Serve ad introdurre il ganglio di oggi del quale è ancora protagonista la mia nonna. Quella a cui dedicai la mia prima prova di scrittura "il pacco di farina". Quella che mi regalò l'anello a serpentello. Quella a cui ho chiuso gli occhi. Che ho rivestito (con i panni da lei stessa preparati e conservati nell'ultimo cassetto del secrétaire per una vita intera) per l'ultimo viaggio.
Un episodio preciso, a cui ricorro spesso per puntualizzare chi sono, da dove vengo, con quali sforzi sono riuscita ad arrampicarmi sul cucuzzolo di questa modernità, che a volte domino ma sul quale molto spesso ancora traballo. Un episodio a cui attingo, come scrive Ionesco, "per ritrovare il meraviglioso della mia infanzia, al di là del quotidiano, la gioia al di là del dramma, la freschezza al di là della durezza.“
Seconda metà degli anni settanta. Tratto del marciapiede che dalla chiesa "di Montevergine" si allunga al "Parco del Pino". La perifericità della zona, fino a poco prima campagna di contadini, è scandita dalla scarna linea di negozi, essenzialissimi, pionieristici, della via principale in cui ci troviamo. Essa sega in due il nascente nucleo nel quale si espande il vecchio quartiere ai piedi dei Camaldoli, che per i nativi sarà, infatti, sempre ripartito in "Soccavo vecchio" e "Via Epomeo", la parte nuova.
Passeggiamo nella formazione tipica con cui vanno a zonzo le famiglie matriarcali in questo tempo: noi ( bambini), mammeta ( la nonna) e tu (la mamma), con eventuale partecipazione di zie e cugine, comari e comarelle, sempre assenti i padri, per i quali la camminata infrasettimanale è un lusso interdetto dai ritmi del lavoro.
L'uscita pomeridiana risulta frangente particolarmente congeniale a noi bambini per soddisfare capriccetti di piccolo calibro, effimeri. Richieste minime e bislacche che nel contesto di rilassatezza, nella parentesi spensierata della pausa, dello spasso fuori programma -che possa essere svago, evasione non si può neppure pronunciare, perché il "divertimento", anche solo a livello lessicale, è sempre prerogativa di quelli "agiati"- possiamo mettere facilmente a segno.
Ci propongono il gelato. Non si ha neppure il sospetto che il futuro, di lì a poco, ci regalerà i freezer domestici e che, dunque, il gelato sarà a nostra disposizione ogni volta lo si desideri, senza uscire neppure di casa. Copione vuole che si accetti l'offerta ad occhi chiusi, perché l'occasione di un gelato -per altro c'è un'unica gelateria artigianale nel quartiere- non va mai persa. E invece no. Oggi, proprio per sfinire mamma, mio fratello ed io, la testa rimpinzata dai primi tormentoni pubblicitari, azzardiamo una variante. Reclamiamo lo yogurt yomo alla fragola. Quello che i bambini mangiano sorridenti alla televisione.
La nonna storce il naso diffidente. Basta l'impercettibile movimento delle froge, l'espressione di chiusura che le si dipinge sulla faccia a palesare la sua opposizione. Come fossimo un duo dell' Antoniano noi allora facciamo partire il coro di lagne decretando l'inizio della battaglia. Un piagnisteo per nulla improvvisato. Anzi, piuttosto consolidato. Ben strutturato. Regolarissimo. Tanto da scardinare in una manciata di minuti ogni resistenza, anche quelle dettate da ragioni di opportunità e convenienza: fare l'acquisto nell'unica "puteca" dei paraggi, la boulangeria presso la quale non si è clienti abituali, quella un po' più "carastosa" vista la posizione centrale. Trovare il sistema per mangiare, data la mancanza di cucchiaini.
Quando il capriccio è fatto ad arte, agli adulti non resta che capitolare. Ci facciamo anima e coraggio, avanziamo compatti nel territorio nemico e ne usciamo con il bottino e la determinazione a berlo, questo yogurt, 'a mo' di latte, arrangiando alla mancanza del cucchiaio.
Rivedo, come fosse ieri, il fremito l'impazienza dei due bambini, che si sporgono curiosi verso il vasetto scoperchiato con cautela dalla mamma. Abbassa il naso, Lei, ad odorare la massa nivea puntellata di grumi rosa. Increspa la fronte e la porge alla nonna con un gesto d'intesa. La nonna, fattasi ancora più ombrosa, coglie l'invito a nozze. Annusa con veemenza. La diffidenza verso quell'alimento moderno, che viene dall'America chissà, in ogni caso forastiero, estraneo, diverso, si trasforma in aperta ostilità. Intinge la punta del dito nello yogurt che impiastriccia il coperchio. Perizia insufficiente. Rintinge un secondo dito direttamente nel vasetto. Certezza. Guarda prima la mamma comunicandole mentalmente il verdetto. Poi volge a noi lo sguardo da giudice di cassazione e decreta inesorabile:-" questi cosi non sono buoni. "So' jut' acito", insaccandoli tutti e due nel primo cassone della monnezza capitatole "'a manese". 

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