mercoledì 12 maggio 2021

ganglio 3

Una volta, qualcuno elencando le peculiarità dei segni zodiacali, del cancro sottolineò il legame con la casa e l'impossibilità di spostarsene, pena la morte . Un dettaglio che non fui più capace di trascurare. Prese un posto di primo piano tra i miei tormenti, anzi balzò addirittura in vetta quando compresi che, sposando il ragazzo che amavo, sarei stata destinata ad una esistenza a lungo nomade. Ebbi paura che i probabili vari traslochi, a cui saremmo andati incontro per via della sua carriera, mi avrebbero irreparabilmente danneggiata dentro.
E poi arrivò il primo trasferimento, che in realtà era già il secondo, perché in effetti, il gran passo, il matrimonio, che decisi di compiere a 23 anni, già aveva implicato una breve emigrazione verso sud. Era però un distacco con ripercussioni calcolate. Non mi aveva addolorato lasciare la famiglia - l'alba dell' età adulta è fatta per gli arrivederci- quanto la casa e la città. Ma ero certa che sarei sopravvissuta. E infatti sopravvissi. Quando si va all'avventura per fondare il proprio regno e l'appartamento che mettemmo insieme mio marito ed io, era il nostro personale bastione, l'avamposto comune nel campo di battaglia della vita, l'energia e le aspettative che si sprigionano sono un elisir di invulnerabilità.
Questo è -lo si è compreso- il microracconto dedicato al ganglio trasloco. Un ganglio tra i più grossi, avendo ad oggi, collezionato ben 12 luoghi, nei quattro punti cardinali, da nord a sud, da oriente ad occidente, dalla Mitteleuropa al mediterraneo, dal mare ai monti, che ho chiamato casa. Un ganglio dalla forma strana, disegnata così particolare dalla singolare condizione che mi son trovata a vivere negli ultimi tre anni: un peculiare pendolarismo, sincronico, tra due città, due domicili. Un'altalena costante tra due vite, due metà della famiglia. Alla vigilia di ciascun ritorno, che però è anche partenza -mi sento come le due boccette legate al filo di quel gioco che si giocava da bambini, in cui bisognava far rimbalzare le pallette colorate dopo averle fatte collidere tra loro- mi carico d'ansia, rosa dal timore di non aver la forza, l'attitudine, il coraggio di riadattarmi a quella casa là, ora che sono sgusciata perfettamente nell'ingranaggio della quotidianità di qua.
Torno allora per farmi forza all'origine del ganglio. Alla prima cellula nel cui nucleo è impresso il primo trasferimento di 22 anni fa. Sono sul balcone del nostro primo vero appartamento, nel quale ci eravamo spostati dopo un periodo transitorio vissuto in una casa ammobiliata al centro del paesino della provincia pugliese. I mobili già quasi tutti svuotati. Il contenuto travasato a goccia a goccia -la cosa l'ho vissuta come uno stillicidio, appunto- in cartoni spaiati, collezionati, giorno dopo giorno, grazie a snervanti questue presso i vari supermercati.
Ignoro le regole di quella scienza esatta che è il trasloco.
Ignoro che la ditta incaricata porterà set di scatoloni delle misure più disparate, nuovi, resistentissimi solo per me, su cui saranno segnati i numeri in sequenza, il contenuto, la stanza di destinazione e il nostro cognome. Temo che gli addetti tratteranno le mie cose con incuria. Temo che sgraffigneranno qualcosa. Temo di percepire le loro mani come predatorie e profanatorie e non saperlo dissimulare. Ma sono lì che li attendo con trepidazione. Voglio che tutto finisca presto. Ho altri dubbi, altri terrori da fronteggiare, da addomesticare. Stiamo lasciando l'Italia. Stiamo andando in Germania, di cui ignoro tutto, compreso la lingua. Ho 28 anni -oggi posso aggiungere solo 28- una figlia di poco più di un anno e so che saremo spesso sole, lei ed io, in quel territorio straniero.
Là torno e poi alla profezia del segno zodiacale. Ho imparato a parafrasare antichi adagi, talvolta anche frasi di dileggio, in mio favore. Ho imparato che ogni cosa chiusa ha un punto di apertura, a lavorarci sopra. Dopo 12 traslochi e ancora uno da venire, rediviva dal trauma dei traumi dell'emigrazione tedesca, e dalle altre mie molteplici resurrezioni, mi sono adattata la "profezia del cancro". La mia casa è il guscio nel quale sono cresciuta. La mia casa è la forma assunta dalla mia mente. La mia casa è l'abito del mio ingegno di saper rendere tutto domus. La mia casa sono io, parva sed apta, con tutti i gangli appesi alle pareti.
 

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