mercoledì 12 maggio 2021

Ganglio 2


 Forse l'aver sputato fuori il secondo ganglio e il ganglio pandemico mi ha creato un bisogno. Di riordinare quel materiale là, buttato a casaccio nel contenitore coscienza. Oggi tocca al ganglio cicatrice.

In verità la cicatrice, semmai c'è stata, fu infinitesimale. L' avrò portata, sulla tempia sinistra quasi all'attaccatura dei capelli, si e no per qualche anno. Si trattò di un graffio superficiale, una crosticina esile. È l'origine dello "scippo", piuttosto, ad aver lasciato il cheloide che io continuo a vedere là dove non c'è nemmeno più un' ombra. Un' unghiata. La prima, vera aggressione fisica che io abbia subito, ad opera della mia prima, vera, unica nemica fisica. Un' esteanea che passa per la strada mentre tu sei intenta ad inventarti giochi, sul limite d'ingresso del cortile del palazzo della nonna. Ti fermi, forse - non puoi ricordare i dettagli per via dell'età, anche in questo caso avrai avuto circa sei anni- un attimo a guardarla, sorpresa, impaurita anche, ma i tuoi occhi, per lei, avranno indugiato quell' attimo di troppo. Non ci pensa due volte e supera il confine. Salta, cioè, dal basolo di piperno della strada a quello della proprietà privata. Scatta in avanti, soleva il braccio e lancia l'artigliata. Mi lascia incredula, spossata. Io che sono inabile alla lotta, che conosco solo i brevi giochi di mano con il mio fratellino, mi sento come sopravvissuta ad una lunga battaglia e non reduce di una banale unghiata. Mentre lo descrivo ora, l' atto, mi viene in mente che forse mirava all'occhio. Tutto acquista più senso. Diventa plausibile. Il sospetto che il mio sguardo l'avesse offesa diventa certezza. Era la figlia del "sapunaro" del quartiere. Era la bambina perennemente sporca e trasandata che bighellonava libera per le strade senza obblighi scolastici, obblighi di buone maniere, obblighi di socialità. Era una creatura lasciata a sé stessa. All'apparenza indifferente a tutto e a tutti ma evidentemente con una dose di aggressività messa da parte per i casi di necessità. Percepivo la sua selvatichezza, il suo randagismo, il suo carico d'odio. Mi faceva paura. Ne stavo alla larga. Io, invece, ero la prima della classe, perennemente ben vestita, impegnata a soggiacere al meglio a tutti gli obblighi scolastici, famigliari, sociali che mi si imponevano. Ero un animaletto da compagnia perfettamente addestrato, con una scorta di diffidenza verso quelli come lei. Un sentimento che non sapevo dissimulare.
Lei e io, la sua nemesi. Io e lei, la mia nemesi.
Si sarà vista nello specchio del mio sguardo: sola, minacciosa, reitta, stretta in in una cornice di umiliazione.
Io mi sono vista nello specchio del suo sguardo: sola, indifesa, all'angolo, ostaggio del suo gesto umiliante.
Magari, passando davanti al portone, mi aveva adocchiata da tempo. Ero la cicatrice aperta a deturpare la sua autostima. Lo sfregio che le rodeva dentro. Magari quel giorno ha deciso finalmente di medicarsi la ferita. Magari quel giorno la cicatrice, lo sfregio sull'autostima è solo passato da un'anima all'altra.

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